Design Week 2023: sostenibilità e qualità al centro di arredo e progettazione

Dal 17 al 23 aprile 2023 è tornata a Milano la Design Week 2023, la settimana interamente dedicata al settore del design, dall’arredo al progetto. L’evento fieristico del Salone del Mobile, ospitato negli spazi di Rho Fiera Milano, è stato accompagnato dai consueti eventi del Fuorisalone, che hanno animato i diversi design district della città. Una 61esima edizione che quest’anno si è presentata con una veste completamente rinnovata, con l’obiettivo di rispondere alle sfide con cui oggi deve misurarsi il comparto del design. Grande attenzione alla sostenibilità ambientale e alla responsabilità sociale ed economica, quindi, vengono confermate in tutte le fasi di questa edizione 2023.

Un prodotto sostenibile è considerato migliore

Dall’indagine svolta da Ipsos e Symbola emerge come per il 56,5% degli intervistati la qualità rappresenti il driver principale della sostenibilità. La qualità è legata infatti alla convinzione che un prodotto sostenibile sia significativamente migliore rispetto agli altri, e che l’azienda sostenibile sia più affidabile, degna di fiducia, e ‘prenda le cose’ più seriamente. La maggiore enfasi posta al concetto di qualità rappresenta una vera e propria svolta culturale, e porta con sé molte implicazioni di grande interesse, poiché sempre più spesso la sostenibilità è associata al benessere individuale, economico e sociale, e non solo a quello ambientale.

Funzionalità, innovazione e principi etici

L’indagine Ipsos-Symbola spiega come la sostenibilità sia sinonimo di qualità quando coniuga la funzionalità del prodotto, la presenza di certificazioni ambientali, l’innovazione e i principi etici dell’impresa. Per quanto riguarda il settore dell’arredamento, la qualità rappresenta un aspetto decisamente importante nella scelta di un prodotto: oltre il 70% degli intervistati è disposto a pagare di più per un mobile di qualità superiore. E in tutto ciò la sostenibilità ha un peso rilevante, in quanto incide su questa scelta per il 42% del campione.

Durare nel tempo, essere prodotto in Italia, dimostrare l’impegno per l’ambiente

Ma come si declina il concetto di qualità nel settore del design? Un mobile di qualità deve soprattutto durare nel tempo, essere prodotto in Italia, ma anche dimostrare l’impegno per l’ambiente, quindi, riducendo le emissioni di CO2, l’uso di sostanze chimiche, e al contempo, evitando lo spreco di risorse. Per risultare davvero sostenibile il settore dell’arredamento deve anche prestare attenzione a determinati aspetti della filiera, in particolare, quelli legati all’economia circolare. Ovvero, la produzione e la lavorazione delle materie prime e lo smaltimento del prodotto a fine utilizzo e dei prodotti complementari/usurabili. Altri aspetti legati al trasporto, alla produzione e al confezionamento, dagli intervistati risultano meno considerati.

L’FBI avverte: attenzione a ricaricare lo smartphone nei luoghi pubblici

Quando si è in viaggio e si ha bisogno di ricaricare il proprio smartphone, può essere tentati di utilizzare una delle numerose stazioni di ricarica pubbliche presenti in aeroporti, stazioni e centri commerciali. Niente di strano, per la maggior parte di noi. Eppure questo semplice gesto potrebbe rappresentare una mossa falsa e mettere in pericolo i nostri dati.

L’allarme lanciato via Tweet dall’FBI

L’allarme è stato lanciato addirittura dall’FBI. Il Bureau statunitense, infatti, ha recentemente postato un tweet molto chiaro. “Evita di utilizzare stazioni di ricarica gratuite negli aeroporti, negli hotel o nei centri commerciali”, ha affermato un recente messaggio twittato dall’ufficio sul campo dell’FBI di Denver. “I malintenzionati hanno escogitato modi per utilizzare le porte USB pubbliche per introdurre malware e software di monitoraggio sui dispositivi. Porta il tuo caricabatterie e il cavo USB e usa invece una presa elettrica”. In sintesi, la normale pratica di ricaricare smartphone, tablet o smartwatch potrebbe comportare seri rischi per la sicurezza dei nostri dispositivi. 

Quando la porta USB diventa accesso per i malware

Secondo quando diffuso dall’ente statunitense, i truffatori possono utilizzare queste porte USB per introdurre malware e software di monitoraggio sui nostri dispositivi, consentendo agli hacker di accedere alle nostre informazioni personali. La soluzione consigliata dall’FBI è quella di utilizzare il proprio caricatore e attaccarlo alle prese a muro dei luoghi pubblici o portarsi dietro un power bank. 

Gli utenti Android quelli più esposti al rischio

Anche se nessuno è al riparo da questi pericoli, sembra che siano più a rischio gli utenti Android. Va però ribadito che anche iPhone e iPad non sono invincibili a questo tipo di attacchi. L’FBI consiglia quindi di utilizzare il proprio caricatore e attaccarlo alle prese a muro dei luoghi pubblici, o meglio ancora l proprio power bank. Su iOS, è sempre fondamentale rispondere no alla domanda “autorizza questo computer o accessorio” quando si collega un iPhone o un iPad.

Il fenomeno si chiama “juice jacking”

Questo fenomeno .- il furto di dati attraverso il cavo di ricarica e la porta USB – è definito come “juice jacking”. Per saperne di più è possibile consultare le guide dell’FBI e della Federal Communications Commission. In generale, si consiglia di evitare le ricariche in luoghi pubblici e di prestare sempre attenzione alla sicurezza dei propri dispositivi. 

Mutui: famiglie italiane in difficoltà

Secondo l’Osservatorio SalvaLaTuaCasa, realizzato da Nomisma per Esdebitami Retake, in Italia una famiglia su 4 teme di avere difficoltà a pagare le prossime rate del mutuo, e il 65% degli italiani è preoccupato per la propria situazione economica. Una situazione resa instabile dal crescente costo della vita e dal rialzo dei tassi di interesse sui mutui formalizzato dalla BCE.  A causa di una congiuntura complessa e non favorevole, il 45% delle famiglie con un mutuo in corso nell’ultimo anno percepisce una situazione economica peggiorata. Nonostante i dati relativi all’occupazione registrino il valore più alto da giugno 2019 (23,2 milioni di occupati nel 2023), le famiglie si trovano a fare i conti con un costo della vita sempre più alto, che riduce drasticamente il potere di acquisto e la propensione al risparmio.

Peggiora la rischiosità del credito?

L’impennata dell’inflazione, i costi dell’energia e l’impatto derivante dal protrarsi del conflitto ucraino trovano riscontro anche nella contrazione delle intenzioni di acquisto di una nuova abitazione, e nell’indebolimento della domanda di mutuo da parte delle famiglie. In questa fase non favorevole del ciclo economico, gli strumenti a supporto della liquidità delle famiglie hanno svolto quindi un ruolo di fondamentale importanza.
“In questa fase di perduranti difficoltà, se non interverranno altre misure a supporto delle famiglie, l’impennata dell’Euribor verificatasi a partire dal 2022 potrebbe determinare un progressivo peggioramento della rischiosità del credito. Come conseguenza, al termine del periodo di sospensione, le famiglie che hanno beneficiato della moratoria potrebbero trovarsi in grande difficoltà nel riprendere il regolare pagamento delle rate”, commenta Luca Dondi, AD Nomisma.

Rate: +50% in 3 trimestri

Negli ultimi anni, a una rischiosità estremamente contenuta generata da valori eccezionalmente bassi dell’Euribor, nonché da politiche di erogazione finalizzate a contenere il pericolo di sovraindebitamento, si sono aggiunte le moratorie emanate nel periodo pandemico, di cui hanno usufruito quasi 1,5 milioni di famiglie. Ma il rapporto degli italiani con il pagamento del mutuo, in un contesto macroeconomico e sociale sempre più complesso, è caratterizzato da fattori congiunturali che potrebbero condizionare la sostenibilità degli impegni finanziari, e accrescere in futuro il rischio di sovraindebitamento. Di fatto, l’aumento del costo delle rate dei mutui è pari a +50% in soli 3 trimestri.

Il 4% è in ritardo sui pagamenti

Lo scenario macroeconomico sfavorevole ha fatto crescere il timore di 3 famiglie su 10 di non arrivare alla fine del mese, e non riuscire ad accantonare una parte di reddito come risparmio anche per far fronte a future esigenze. La difficile congiuntura accresce inevitabilmente le difficoltà nel far fronte regolarmente al rimborso delle rate del mutuo. Il 4% dei nuclei intervistati ha dichiarato di avere accumulato ritardi seppur lievi, mentre il 13% è riuscito a pagare le rate mensili con qualche difficoltà, ad esempio, comprimendo altre voci di spesa. Alla luce delle premesse evidenziate nella survey, si rende necessaria una soluzione sistemica a supporto delle famiglie, che rischiano di non riuscire più a pagare il mutuo e di perdere la propria casa. 

Sonno, perchè 1 italiano su 2 fa fatica a dormire? 

Oggi la medicina è concorde nell’affermare che il sonno rientra a pieno titolo nei comportamenti di uno stile di vita sano, alla pari dell’alimentazione e dell’attività fisica. Noi italiani siamo “bravi” a seguire queste indicazioni? Così così. In occasione del World Sleep Day, che viene celebrato ogni anno il 17 marzo,  il team Public Affairs di Ipsos ha condotto un sondaggio sull’argomento del sonno in Italia. Il World Sleep Day ha l’obiettivo di sensibilizzare sulla salute del sonno e sull’importanza del suo ruolo nel benessere fisico, mentale e sociale di una persona. Questa iniziativa è promossa dalla World Sleep Society in tutto il mondo e dall’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS) in Italia.

I Boomers dormono meno

I risultati del sondaggio hanno evidenziato che il 50% delle persone dorme tra le 7 e le 8 ore a notte, Passando alla quantità di ore di sonno per notte, risulta che circa la metà dorma tra le 7 e le 8 ore ed un terzo tra le 5 e le 6 ore, di cui quasi la metà sono Boomers. Il 44% del campione intervistato ha dichiarato di soffrire, o di aver sofferto in passato, di uno o più disturbi del sonno.

Gli schermi sono nemici dei sogni d’oro

Molti esperti consigliano di evitare l’uso di dispositivi elettronici come smartphone, tablet e computer poco prima di andare a letto, così come di evitare di dormire con la televisione accesa, poiché la luce emessa da questi schermi può influenzare il ritmo circadiano, confondendo l’orologio biologico interno. Tuttavia, secondo il sondaggio Ipsos, il 40% delle persone guarda la TV, i film o le serie TV prima di dormire, mentre il 33% usa smartphone o tablet. Questo comportamento è più comune tra i membri della Generazione Z e i Millennials.

L’insonnia è il disturbo più comune

Per quanto riguarda i disturbi del sonno, il sondaggio ha rilevato che quasi la metà delle persone soffre o ha sofferto di disturbi del sonno, con l’insonnia che risulta essere il disturbo più comune. I fattori che causano questi disturbi del sonno includono ansia, stress e preoccupazioni. Le tisane rilassanti sono uno dei rimedi più comuni utilizzati dalle persone per gestire questi disturbi, scelte da due persone su cinque. Tra le altre tecniche per favorire il sonno si ritrova lo svolgere attività (es. leggere, camminare, cucinare) e la melatonina.

Copyright: se un’opera è creata dall’AI chi sono i diritti?

Chi è l’autore dell’opera generata da una AI? Si possono usare contenuti protetti da diritto d’autore per alimentare i sistemi AI? La capacità dei modelli di AI generativa di ‘digerire’ migliaia di testi o immagini per poi ‘produrre’ contenuti dotati di creatività porta a interrogarsi sulla possibilità di tutelare l’output di tali modelli ricorrendo al diritto d’autore. 
“Sia la UE sia la maggior parte delle nazioni nel mondo, hanno assunto la posizione secondo cui i modelli di AI non possono essere qualificati come autori di un’opera – dichiara Lydia Mendola, partner dello Studio legale Portolano Cavallo di Roma -, e quindi il contenuto prodotto da un modello di AI generativa non può essere considerato un’opera protetta da copyright”.

Il ‘fair use’ legittima l’attività di raccolta massiva di contenuti digitali

“Quindi, in assenza di apporto creativo di un essere umano, c’è la possibilità che le opere generate dall’AI diventino di pubblico dominio. L’autore dovrà così dimostrare come il modello di AI abbia rappresentato un momento o uno strumento all’interno di un processo creativo più complesso”, aggiunge Mendola.
Negli Stati Uniti la dottrina del ‘fair use’ è invocata per legittimare l’attività di raccolta massiva di contenuti digitali, ovvero legittimare l’uso di materiale eventualmente protetto dal diritto d’autore altrui in assenza di autorizzazioni da parte del titolare del copyright. Questa dottrina non trova, però, immediata e diretta applicazione nell’ordinamento italiano o europeo.

Spetta ai titolari dei diritti di esclusiva attivarsi per proteggere le proprie opere

Con l’introduzione dell’eccezione Test and Data mining contenuta nella Direttiva su diritto d’autore e diritti connessi nel mercato unico digitale, sono i titolari dei diritti di esclusiva che si devono attivare per proteggere le proprie opere, e fare in modo che non siano oggetto di attività di estrazione massiva di dati. Ma se l’acquisizione dei dati coperti da copyright avviene legittimamente, anche l’opera generata dal modello di AI sarebbe lecita?
“Se il modello viene addestrato su milioni di immagini e utilizzato per generare nuove immagini, è estremamente improbabile che ciò costituisca una violazione del copyright in quanto il risultato finale sarà molto diverso dalle opere originali”, spiega Mendola.

Chi è responsabile di un plagio evolutivo?

“Se come modello si utilizzassero immagini di uno specifico artista, con l’obiettivo di generare lavori confondibili con una sua opera originale, l’artista in questione potrebbe opporsi alla circolazione e sfruttamento della nuova opera generata dal modello di AI, anche laddove non abbia espresso a monte alcuna riserva rispetto allo scraping dei suoi contenuti – puntualizza Mendola -. Potrebbe, ad esempio, lamentare la sussistenza di un plagio evolutivo, che ricorre quando l’opera originaria è comunque riconoscibile nella nuova opera. Ma chi è il responsabile del possibile plagio? Il modello di AI generativa, il suo programmatore, l’azienda che possiede la relativa piattaforma, o l’utente che ha interrogato il modello di AI per ottenere l’opera plagiaria?” 
La risposta non è univoca: è necessario indagare gli step del processo creativo che ha portato alla produzione di un certo contenuto.

Nella sfida dei formaggi l’Italia batte la Francia 8-0

Nella ‘sfida dei formaggi’ l’Italia batte la Francia 8 a 0, con Parigi che resta fuori dalle prime dieci posizioni della graduatoria globale stilata da TasteAtlas, l’atlante internazionale dei piatti e dei prodotti tipici locali. Sono infatti otto formaggi italiani fra i cento migliori del globo. 

Ai primi tre posti, spiega la Coldiretti, si piazzano Parmigiano Reggiano, Burrata e Grana padano, a seguire Stracchino di Crescenza, Mozzarella di Bufala e Pecorino Sardo, quindi un formaggio spagnolo, il Queijo Serra de Estrela, seguito dal Pecorino Toscano, il Bundz polacco e il Gorgonzola Piccante. E i francesi? Il primo formaggio è al tredicesimo posto, con il Reblochion dell’Alta Savoia, e il secondo è l’ultimo in classifica, l’Ossau-Iraty della zona dei Pirenei.

Esportiamo Oltralpe quasi 130 milioni di chili di formaggio

Con gli ultimi riconoscimenti comunitari salgono a 55 i formaggi a denominazione di origine protetta (Dop/Igp) italiani tutelati dall’Unione Europea, lo stesso numero di quelli francesi. Ma a Oltralpe mostrano di apprezzare i formaggi italiani, visto che le nostre esportazioni sono cresciute di quasi il 27% in valore nel 2022, stimati a oltre 900 milioni per una quantità sulle tavole d’Oltralpe, una cifra pari a quasi 130 milioni di chili. La sfida tra Italia e Francia nella produzione di formaggi ha radici lontane, inoltre sono i due Paesi europei con la maggiore tradizione culinaria a contendersi i primati nell’agricoltura e nell’alimentare. Il Belpaese vince però per valore aggiunto agricolo, numero di prodotti Dop/Igp riconosciuti dall’Unione Europea, 316 denominazioni (dop/Igp) contro le 260 dei cugini d’Oltralpe.

Made in Italy minacciato dal Nutriscore

Una ricchezza enogastronomica che vince all’estero un po’ su tutti i fronti, considerando il record storico delle esportazioni alimentari Made in Italy che nel 2022 hanno raggiunto i 60,7 miliardi di euro, per una crescita del +17% rispetto all’anno precedente, trainata dai prodotti simbolo della Dieta Mediterranea. Primati minacciati dai nuovi sistemi di etichettatura a semaforo come il Nutriscore, che secondo la Coldiretti è fuorviante, discriminatorio e incompleto, perché finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti presenti da secoli sulle tavole per favorire invece prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta.

Grana Padano e Parmigiano Reggiano i più falsificati nel mondo

I sistemi allarmistici di etichettatura a semaforo si concentrano esclusivamente su un numero molto limitato di sostanze nutritive, ad esempio, zucchero, grassi e sale, e sull’assunzione di energia senza tenere conto delle porzioni. Escludono quindi dalla dieta l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine e le eccellenze della Dieta Mediterranea, dall’olio extravergine d’oliva al Parmigiano Reggiano o al Grana Padano. Ma l’Italia purtroppo vince anche nelle falsificazioni, con Grana Padano e Parmigiano Reggiano i formaggi più imitati nel mondo. Copiati all’estero sono però anche il Pecorino, l’Asiago e il Gorgonzola. Un problema, che secondo la Coldiretti, riguarda anche la Francia, che deve proteggere, tra gli altri, il Brie e il Camembert.

Il costo della vita aumenta? E i consumatori globali non comprano più

A tutta prudenza. Sembra essere questa la tendenza diffusa fra i consumatori, preoccupati dalla loro situazione finanziaria. Così, per non fare passi falsi, si rimandano gli acquisti considerati non necessari. Lo rivela il sondaggio 2023 di PwC Global Consumer Insights Pulse Survey, che ha coinvolto 9.180 consumatori in 25 Paesi, evidenziando che il 15% dei consumatori ha smesso completamente di acquistare beni non essenziali e un altro 53% li sposta in là nel tempo. La “colpa” di questo atteggiamento? Il costante aumento del costo della vita a livello globale.

Nei prossimi sei mesi ancora più “formiche”

Dal sondaggio è emerso che nei prossimi sei mesi la maggior parte dei consumatori prevede di ridurre la propria spesa in tutte le categorie oggetto della ricerca, una riduzione significativa prevista in tutte le categorie rispetto al precedente sondaggio di giugno 2022. Settori quali i prodotti di lusso e di fascia alta, i viaggi e la moda saranno i più colpiti nei prossimi sei mesi dalla riduzione di spesa dei consumatori, mentre i generi alimentari dovrebbero essere i meno colpiti.

Il costo della vita pesa sulla fiducia dei consumatori

A livello globale i consumatori stanno modificando le abitudini d’acquisto online e in negozio a seguito dell’aumento del costo della vita, mentre le carenze di materie prime si ripercuotono sulla disponibilità dei prodotti e sui tempi di consegna. Circa la metà (49%) sostiene quindi di acquistare determinati prodotti quando sono in offerta, il 46% di cercare rivenditori che offrono un valore maggiore, il 40% di utilizzare siti di confronto dei prezzi per trovare alternative più economiche, il 34% di acquistare in stock per risparmiare e il 32% di acquistare prodotti a “marchio del rivenditore” per risparmiare. A livello demografico, la Generazione X è la “più preoccupata” (47%) e ha rimandato l’acquisto di beni non essenziali, i Baby Boomer sono “preoccupati in una certa misura” (33%) e hanno anche loro rimandato l’acquisto di beni non essenziali, mentre i Millennials sono in cima alla lista e sono “preoccupati” ma senza modificare il proprio comportamento.

Pesa la mancanza di materie prime

Mentre più della metà dei consumatori (56%) afferma che l’aumento dei prezzi è il fattore condizionante quando fa acquisiti in negozio, una notevole percentuale è rappresentata anche dai problemi legati alla carenza di materie prime con lunghe code e negozi affollati (30%), oltre alla disponibilità dei prodotti (26%) che influenza il comportamento dei consumatori. Le carenze di materie prime per gli acquisti in negozio sembrano interessare maggiormente i consumatori in Australia (36%), Stati Uniti (35%) e India (34%), mentre per chi acquista online, le preoccupazioni principali riguardano gli aumenti dei prezzi (48%), la disponibilità dei prodotti (24%) e i tempi di attesa più lunghi del previsto (24%).

Nel 2022 è Vodafone il miglior operatore 4G in Italia 

In Italia nel 2022 Vodafone è il migliore operatore di rete mobile 4G. Nella classifica di Altroconsumo ottiene 34.447 punti, seguito a grande distanza dagli altri 3 operatori: Iliad (24.497 punti), Tim (23.715), e WindTre (23.037). Rispetto al 2021, tutti gli operatori hanno avuto un incremento delle performance che deriva principalmente dai miglioramenti di velocità di download. È quanto emerge dall’indagine di Altroconsumo sulla performance dei provider di telefonia mobile, effettuata con il contributo di oltre 20.000 utenti tramite l’app CheBanda, che misura la qualità della rete mobile del proprio operatore.

Download più veloce del 28% rispetto al 2021

Il contributo dei consumatori ha permesso di valutare una serie di parametri, come velocità di download e upload, qualità di navigazione su siti internet e qualità della visione di video. Il test misura la velocità di trasmissione per scaricare dati nello smartphone e inviarli. Poiché questi parametri impattano non soltanto sul tempo necessario a ricevere e inviare file, ma anche sul tempo necessario ad accedere e interagire con siti internet, sono estremamente importanti e influenzano ulteriori parametri di qualità d’uso. E Vodafone risulta ancora in testa, con 51,2 Mbps per download e 11,9 Mbps per upload, + 28% di velocità di download rispetto al 2021.

Qualità di navigazione e streaming

Il test monitora anche l’accesso ad alcuni tra i siti internet più visitati, verificando se la pagina si apre correttamente e quanto tempo è necessario ad accedervi. Se il ritardo complessivo è inferiore a 10 secondi la qualità di navigazione (Qnb) viene considerata buona. Un ritardo superiore o un fallimento nell’accesso alla pagina vengono considerati negativi. Per ogni operatore viene conteggiata la percentuale di successo. In più, il test verifica il tempo di caricamento e di attesa del video selezionato, eventuali pause (buffering) e tempi di attesa. Per ritardi inferiori a 12 secondi la qualità di streaming (Qsb) viene considerata buona, mentre ritardi superiori o un fallimento nel caricamento del video vengono considerati negativamente. Per ogni operatore viene conteggiata la percentuale di successo.

Con il 5G Vodafone raggiunge 150 Mbps

Le misurazioni sono state effettuate dagli utenti utilizzando la miglior tecnologia mobile: la maggioranza dei test è avvenuta in 4G (89%), poco oltre il 2% in 3G, un valore inferiore a 0,5% in 2G, e oltre l’8% in 5G. Per quanto riguarda il 5G, il miglioramento delle performance delle reti mobili è notevole rispetto al 4G. Il 5G promette un miglioramento sulla velocità di download, effettivamente già percepibile per tutti gli operatori valutati. Infatti, riporta Adnkronos, si passa da valori che si aggirano intorno ai 40 Mbps del 4G a velocità che arrivano a 80 (WindTre) e 90 Mbps (Iliad), fino ad arrivare a circa 150 Mbps per Vodafone e Tim. Al contrario, le valutazioni positive nei confronti della latenza (il tempo che intercorre tra un’azione dell’utente e l’effettiva risposta della rete), diminuiscono considerevolmente per il 5G rispetto al 4G.

Cybersecurity: i dirigenti italiani non ne conoscono il gergo

Secondo la ricerca di Kaspersky ‘Separati da un linguaggio comune’ in Italia quasi la metà dei dirigenti C-Suite (44%) ritiene che gli attacchi di cybersecurity siano il pericolo principale per la continuità del business, prima ancora dei fattori economici (41%) e degli aspetti normativi e di conformità (35%). Ma per il 50% di loro il linguaggio utilizzato dagli specialisti di sicurezza per descrivere queste minacce rappresenta il maggiore ostacolo alla comprensione dei problemi di cybersecurity più urgenti. In pratica, sebbene il top management italiano consideri la minaccia di attacchi di cybersecurity il rischio maggiore per le proprie aziende, non riesce a stabilire con precisione le priorità di azione a causa dell’utilizzo di gergo e terminologia poco chiari per descrivere le minacce.

Manca una formazione adeguata

Il 99% degli intervistati C-Suite in Italia è consapevole della frequenza con cui le loro aziende vengono attaccate, e per il 91,5%, indipendentemente dalle dimensioni aziendali, la sicurezza informatica è sempre, o spesso, un punto all’ordine del giorno nelle riunioni del management e del consiglio di amministrazione. Quando la comprensione della cybersecurity è fondata e completa la C-Suite si trova ad affrontare tre ostacoli all’interno del proprio team di management: la mancanza di strumenti idonei (45%), le restrizioni di budget (43%) e la mancanza di una formazione adeguata in materia (42%).

Per i top manager il linguaggio è poco chiaro

In molti casi però, la sicurezza informatica non viene del tutto compresa, e nonostante per il 65% sia sempre un argomento in agenda nelle riunioni del board, il 41% degli intervistati ritiene che il gergo e i termini confusi del settore rappresentino attualmente un ostacolo alla comprensione della cybersecurity da parte della C-Suite, e soprattutto, di ciò che si dovrebbe fare al riguardo. Dato che raggiunge rispettivamente il 50% e il 55% tra i Chief Compliance Officer e i Chief Risk Officer, fino ad arrivare alla percentuale record del 60% tra i Chief Marketing Officer, che considerano il linguaggio poco chiaro la criticità principale per una piena comprensione.

Malware, phishing, ransomware, questi sconosciuti

Più in dettaglio, la metà degli intervistati trova confusi i termini base della cybersecurity, come malware (50%), phishing (51%) e ransomware (50%). Inoltre, il 49,5% non comprende appieno anche espressioni più tecniche, come Zero Day Exploit e MD5 Hash.
“Ciò potrebbe indicare, che in molti casi, i dirigenti si trovano nella posizione di dover prendere decisioni critiche per l’azienda senza avere un quadro chiaro del panorama delle minacce e del rischio che rappresentano – spiega David Emm, Principal Security Researcher di Kaspersky -. Senza la possibilità di interpretare i problemi più critici, il linguaggio e la terminologia utilizzati per descrivere le minacce impediscono alle organizzazioni di elaborare un approccio alla cybersecurity, condividere le conoscenze, e in ultima analisi, creare un’intelligence utilizzabile”.

Bonus auto e moto 2023: stanziati 630 milioni di euro 

Il Bonus auto e moto 2023 prevede uno stanziamento di 630 milioni per l’acquisto di veicoli e motocicli a zero o basse emissioni, destinato a privati, aziende, noleggiatori e imprese di car sharing. Gli incentivi hanno preso il via il 10 gennaio, e sono utilizzabili da chi ha sottoscritto un contratto di acquisto tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023. Per comprendere l’entità dello sconto e le condizioni per ottenerlo bisogna considerare il livello di emissioni del veicolo che si vuole acquistare. I fondi a disposizione e le modalità di utilizzo sono infatti modulati in tre fasce.

Vetture elettriche, a idrogeno e ibride plug-in

La prima fascia (190 milioni di euro) riguarda le vetture elettriche, alimentate a idrogeno e alcune ibride plug-in. Il tetto al prezzo di listino (42.700 euro) limita il numero di modelli che possono accedere al bonus, che in caso di rottamazione di un veicolo inquinante ammonta a 5.000 euro. Senza rottamazione il contributo scende a 3.000 euro. Fra le condizioni per usufruire degli incentivi, la consegna della nuova vettura entro 180 giorni dalla prenotazione e l’impegno a mantenimento la proprietà dell’auto nuova per almeno 12 mesi. L’auto da rottamare deve avere una omologazione fra Euro 0 ed Euro 4.

Ibride, plug-in e tradizionali

La seconda fascia (235 milioni) include le vetture ibride e plug-in. Lo sconto ammonta a 4mila euro in caso di rottamazione, o 2mila senza rottamazione. Le condizioni e i tempi sono gli stessi della fascia precedente. La terza fascia racchiude molti modelli tradizionali, anche non elettrificati e con motore a combustione interna, spesso con alimentazione a gas e gpl. È anche quella con la dotazione minore: 150 milioni di euro che ‘valgono’ 75mila immatricolazioni, visto che il bonus è di 2mila euro ed è erogabile solo previa rottamazione di un mezzo più inquinante. Possono accedere agli incentivi solo le persone fisiche. Il limite di prezzo è 42.700 euro, Iva e optional inclusi.

Contributi anche per veicoli commerciali elettrici e moto

Sono disponibili 15 milioni di euro per l’acquisto di veicoli commerciali di categoria N1 e N2, nuovi di fabbrica, ad alimentazione esclusivamente elettrica e previa rottamazione di un veicolo omologato fra Euro 0 e 4. Gli incentivi vanno da 4.000 euro, a 6.000 euro fino a 12.000 euro. Trentacinque milioni di euro sono destinati a motocicli e ciclomotori elettrici, mentre 5 milioni a motocicli e ciclomotori a combustione interna. Il contributo è del 30% sul prezzo d’acquisto di un motociclo o ciclomotore elettrico fino al massimo di 3.000 euro più Iva, ma si può salire al 40% e fino a 4.000 euro più Iva con rottamazione di una moto in una classe da Euro 0 a 3. Per le due ruote a motore ‘tradizionale’ a fronte di uno sconto del rivenditore del 5%, è previsto un contributo del 40%, fino al massimo di 2.500 euro più Iva per un motociclo o ciclomotore nuovo e almeno Euro 5, ma con rottamazione di una moto da Euro 0 a 3.